Associazione professionale Proteo Fare Sapere
26 febbraio 2024

Tra storiacce di cronaca nera
Una riflessione sui cortei giovanili pro-Palestina del 23 febbraio 2024

di Eliana Romano, presidente Proteo Fare Sapere Sicilia, Cts Proteo Fare Sapere

Francamente mi sembra incredibile: accendo la TV, leggo i giornali e guardo il calendario.
Voglio esser certa che siamo nel 2024. Non ne sono sicura perché le scene viste, le testimonianze lette o ascoltate - di coloro che alla manifestazione di questi ragazzini e ragazzine c’erano - quel clima rancoroso contro il dissenso o contro un’espressione di pensiero non propriamente in linea con questo cupo autoritarismo strisciante, mi hanno spostato le lancette del tempo. D’un tratto mi hanno fatto rivivere il medesimo clima di scontro dei miei anni giovanili.
E sì che la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta del secolo scorso erano carichi di aspirazioni e scelte ideologiche, certamente in alcuni casi, eccessive. Noi conoscevamo e ci aspettavamo il “corpo a corpo”, sapevamo benissimo che bisognava stare accorte ed accorti perché magari qualche gruppo di autocoscienza femminile o qualche collettivo che si surriscaldava con il fuoco della giovane età e delle tante speranze, poteva, nel corso di qualche manifestazione,  essere preso a manganellate ed anche di più. Stesse kefiah, medesime grida per la Palestina.
Davvero incredibile se non fossero passati quasi 50 anni!
Siamo nel 2024 e non negli anni Settanta: non ho visto né letto di grida o atteggiamenti violenti da parte di questa massa di minori (per lo più) che invocano la pace. Nessuno di loro era armato, nessun volto coperto se non dalla giovinezza e mentre noi, allora, nello scontro, non ci tiravamo indietro, ce lo aspettavamo, perfettamente consce e consci, questa massa pacifica e vociante proprio non ne aveva idea. Negli anni si è tanto lavorato per ristabilire equilibri e fiducia nelle forze dell’ordine. Da manganellatori sono divenuti eroi, vittime anche loro di violenza cieca delle mafie, difensori delle cittadine e dei cittadini, esattamente come la nostra democrazia costituzionalmente garantita impone.
Che sotto la cenere del passato, che in questo paese viene spazzato via con una velocità incredibile ed in cui anche la storia recente significa nulla; un passato che nelle aule parlamentari viene rimodellato ad immagine e somiglianza del governo, assente molto spesso nelle aule delle scuole e quindi nelle teste, sempre meno “ben fatte”, covasse una forma di autoritarismo bieco, nessuno lo avrebbe pensato. Credo, almeno, sino a 20 – 30 anni fa.
Al di là del mio smarrimento spazio-temporale, che anche la mia età potrebbe, forse, giustificare, la preoccupazione per la deriva autoritaria è altissima. Ma la preoccupazione non basta così come non basta opporsi con le sole parole.
Bisogna ritrovare il vulnus, la causa e le concause, di quello che oggi appare come una caduta nel vuoto di una democrazia duramente conquistata, in cui giorno dopo giorno si erodono i principi della Costituzione su cui poggia, e la stessa Costituzione, diventa quasi carta straccia. Un’aggiustatina di qua ed una di là: bisogna rendere la nostra Costituzione più moderna, aderente alla realtà. Questo ci dicono e la maggior parte acconsente. Non certo perché ne abbia reale convinzione ma, semplicemente, perché non sa di cosa si stia discutendo – ignora - ammaliata dal potere forte e risolvente di ogni problema. Tranne poi trovarsi nei medesimi guai economici in cui stava prima, aggravati da povertà crescente, lavoro precario e ormai sempre più rischioso e non garantito dal rispetto delle norme basilari di sicurezza. Per esempio.
Un’erosione lunga e sotterranea, ben preparata, alimentata da propagande e paure che colpiscono la pancia, ed altro non potrebbero visto che la testa è latitante.
Ma su che poggia questa erosione, questo stravolgimento del pensiero e dell’azione?
Non è un adagio desueto quello che recita che “l’ignoranza è la madre di tutti i mali”. Con ignoranza non si intende solo un titolo risicato di istruzione ma l’amnesia collettiva che ha colpito il nostro paese e che viene sostenuta da una scuola sempre più debole e confusa. Martoriata da un lato da riforme, micro-riforme, che non si ha il tempo di capirne la ratio e di metterle in azione ché già sono cambiate, da norme e burocrazia stringente e poco significative, che ubriacano chi le dirige; una scuola gravata da tagli e da investimenti esigui in cui il PNRR è la panacea di tutti i mali fin qui vissuti.
Dall’altro politiche formative che puntano al “merito”, in barba alla lettura attenta dell’art. 3 della Costituzione per dirne uno, punitive ed autoritarie. Voti e non giudizi, punizioni e non azioni di crescita e recupero. Le chicche ultime sull’educazione sentimentale o qualcosa del genere, sono illuminanti!
Basta un pacchetto di ore extra curriculari, assistito da buoni esperti della psicologia per comprendere e riequilibrare il rapporto di dominio di un sesso sull’altro e rispondere alla crescente violenza sulle donne. Basta una brava psicologa o psicologo e siamo a posto! Del resto, è da anni che la scuola è abitata, sempre di più, da ragazze e ragazzi DSA e BES. Ci vogliono gli esperti psicologi per questa massa di giovani che non riusciamo a capire né, tanto meno a formare nel senso più nobile e completo di quell’impegno educativo, quotidiano, della cura degli altri. E qui la pedagogia non serve, appare sempre più un orpello in un grande centro di correzione dei comportamenti.
Si potrebbe continuare, ovviamente, ma rischierei di allungarmi troppo.
Ma cosa sta capitando a questo paese così ben incastonato in un Europa in cui il vento delle destre (proprio destre) ha ripreso a soffiare con potenza. Per citare solo alcuni paesi come Austria, Ungheria, Polonia che sembrano immemori del loro passato, dico quello in cui furono alla fine schiacciate dal tallone nazista. La Polonia non ricorda nemmeno Auschwitz-Birkenau che sarebbe un grande monito per non ricadere in scelte nazionalistiche e razziste. Poca meraviglia: anche noi abbiamo dimenticato i nostri “meravigliosi” campi di smistamento che erano preludio ai lager nazisti. Cancellazione della memoria, revisionismo o, come piace chiamarlo a certi politici, processo di pacificazione. Meno male che abbiamo ripescato la tragedia delle Foibe! Naturalmente tirandola fuori, con estrema attenzione, dal contesto di quel momento storico. Ed è così che oggi un ministro impone – attenzione! Impone e non propone – questa Giornata della Memoria che tra l’altro c’era già, e non imposta, anche prima della sua illuminante prescrizione.
La crisi collettiva della memoria consente parecchie storture. Intanto non sapendo e non studiando neanche il nostro recente passato figuriamoci se possiamo guardare fuori dai nostri confini.  Il mondo va a rotoli: credo siano 258 i conflitti locali, in atto, nel nostro pianeta. Di moltissimi i nostri giovani non ne hanno sentore. Se non lo avessero soltanto loro, potrei, non dico consolarmi, ma pensare ad un rimedio ed investire nello studio della Storia, il problema, qui è ben altro! Sono gli adulti, quelli che dovrebbero formare ed educare, che non hanno idea alcuna del mondo in cui vivono. Al di là delle proprie mura … il nemico! Tutte e tutti, bellissimi, piumati struzzi: testa nella sabbia ed apnea della memoria.
Adesso io penso a queste ragazze e questi ragazzi, usciti dalla clausura biennale di una pandemia (anche questa bella e dimenticata pur essendo dell’altro ieri!), isolati e malconci che si ritrovano non nelle guerre narrate (sempre ammesso che abbiano contezza storica oltre che dei vari generali e delle gesta eroiche di questo o quello), che ritrovano una realtà di guerra sotto casa. Proprio così: adesso la guerra è in Europa e dopo i primi clamori ed i riflettori accesi …. sappiamo che c’è e sta lì, a un di presso…. ma non è qui. Poi si riacuisce un conflitto atavico, in Medio Oriente, in cui già le storiche e gli storici fanno fatica a trovare un unico bandolo ed un’unica lettura – e nella storia non esiste l’unico e per fortuna neanche il giudizio etico – e tra quelle poche cose di cui hanno consapevolezza autonoma c’è la PACE e la salvaguardia del loro pianeta, quello dove dovranno vivere domani. Li penso davanti a dei tutori dell’ordine in assetto antisommossa.  Ma loro non stanno facendo la guerra stanno invocando la Pace! Per carità, forse qualcuna o qualcuno avrà esagerato o non rispettato le regole del regime non dichiarato, ma che pare ci sia, loro sono giovani! Ma da un gesto o da un ardore in più all’antisommossa, alla manganellata ed all’inseguimento ce ne corre. E parecchio direi!
Altra amnesia diffusa: la capacità del dialogo. Tuttavia, se si usa la forza, la punizione e la correzione e si va in deroga al dialogo ed al confronto non si può guardare e cercare solo in questa o in altre manifestazioni giovanili. L’analisi deve affondare seriamente e puntare alla testa del guaio!
Come formatrici e formatori dobbiamo necessariamente aiutare docenti e tutti coloro che lavorano con le giovani generazioni. Mettiamoci a tavolino e ragioniamo su cosa abbiamo perduto per strada e perché. Con coraggio e la testa fuori dalla sabbia: guardiamo al mondo e rivoluzioniamo i “programmi” che, ahinoi, ancora affliggono la scuola. Scopriamo il mondo ed usciamo fuori dalle mura di casa. Promuoviamo l’incontro, lo scambio, la crescita del sapere collettivo e coinvolgiamo i nostri giovani prima che si sfascino la testa e perdano ogni sogno di una società migliore di quella che stiamo loro lasciando.