Associazione professionale Proteo Fare Sapere
02 aprile 2020

"Scenari e domande alle quali non si potrà sfuggire" di Iole Ottazzi

Una casetta/casona, un occhio meccanico che si muove disordinatamente, una voce infantile… si potrebbe passare ad altro…

Eppure, in quel minuto e 14 secondi si cela una vera e propria grotta di Aladino: tesori linguistici, comunicativi, tecnologici, affettivi… particolarmente significativi in un momento in cui si parla di didattica a distanza, una distanza resa necessaria dalla contingenza sanitaria in cui stiamo vivendo.

…e allora…

Come prima impressione, il violento urto tra una voce infantile e il mezzo utilizzato che dà corpo all’espressione “nativo digitale puro” e che, a noi “tardivi digitali” parla dell’emergere, mentre lo stiamo vivendo, di una tappa evolutiva dell’umanità segnata dall’uso di strumenti che amplificano le nostre capacità umane con un livello di accelerazione al cui confronto, la nascita del carattere mobile o la rivoluzione industriale, hanno la lentezza di un bradipo.

Quel cellulare non è mosso da regole adulte che definiscono il codice delle immagini in movimento ma è un cavallo pazzo al servizio del desiderio, di quel desiderio.

Qualcuno potrebbe dire: “Chi sta usando quel mezzo tecnico, deve imparare il codice perché quel video è inguardabile!” Anche il famigerato gruppo dei 600, accademici, intellettuali… sostiene che la lingua si deve costruire a partire dalle regole…

Quali sono le meraviglie che questo breve filmato fa, invece, affiorare?

L’uso pienamente “naturale” di uno strumento come mezzo di comunicazione, una comunicazione mossa da un desiderio volto a destinatari: “spero che vi piaccia” e inserito in una catena comunicativa costruita da esperienze condivise con una piccola collettività.

Un desiderio che fa affiorare legami, appartenenze, identità… l’Altro.

Un Altro presente anche nella distanza, nell’assenza dei corpi, un altro plurale che racconta della capacità di riconoscersi all’interno di una piccola collettività come una sezione, una collettività evocata nel plurale dei verbi “vedete…”

Oggetto di questa comunicazione: una casa, una porta da cui si può sbirciare nell’interno, un mondo fatto di dentro/fuori, di sopra/sotto segnato dal tetto che marca il confine verso l’alto (anche se una imponente canna fumaria (?) rende quel confine meno netto), livelli diversi testimoniati dal ritmico sovrapporsi delle finestre, un letto, un oggetto totem (la televisione) garante del contatto con l’esterno e con la distanza e poi, vera stupenda chicca: le decorazioni che parlano di un mondo abitato dall’estetica, un’estetica che esorbita dal campo della protezione di cui la casa è simbolo, segnando un rassicurante confine tra dentro e fuori, ma apre lo scenario della bellezza, dell’arte, dei bisogni evoluti che richiamano le pitture rupestri di Altamira.

Grotte che, in assenza di questa commovente manifestazione umana, sarebbero state unicamente abitate da una brutale paura e dalla ricerca di una protezione, di un rifugio rispetto ad un mondo ostile.

Il nostro piccino non solo porta questo bisogno di bellezza nella sua casetta, ma lo vuol condividere con il suo gruppo: “spero che piaccia”.

Tutto questo ed altro ancora è presente nel filmato. Suggestioni che, in un momento di improvvisa e necessitata comparsa di una didattica a distanza, a seguito delle note vicissitudini sanitarie, chiede ulteriori riflessioni che ruotano intorno a domande quali: come trasformare la distanza in vicinanza?  Quali i valori di una distanza che non si trasformi necessariamente in allontanamento? Quali preziose riflessioni possono scaturire da una così profonda trasformazione del rapporto Io/Altro, corpo reale/corpo rappresentato…

e poi, siamo proprio certi che il cosiddetto corpo reale sia costituito dalla materialità della sua presenza oppure il cosiddetto “corpo reale” è SEMPRE “il corpo letto, interpretato da qualcuno?”

Un corpo rappresentato e che, come tale, è sempre il corpo PER QUALCUNO.

Quali sono le nuove forme che possono rendere presente un corpo assente nella sua materialità?

…e poi, siamo certi che il corpo fisicamente presente in classe, sia da considerarsi necessariamente presente? Occupare il posto in un banco, purtroppo, non sempre vuol dire essere presenti.

Quali sono gli elementi di una didattica a distanza che possano far sentire una presenza reale e condivisa (a diversi livelli) con una certa comunità scolastica?

Quali sono gli elementi di forza e di debolezza di una didattica “a distanza”?

Come si declinano gli elementi fondanti delle Indicazioni Nazionali in una didattica “a distanza”?

Quali gli aspetti di maggiore fragilità e quindi di necessaria compensazione?

Come una nuova tecnologia può produrre trasformazioni dell’organizzazione della classe, dei processi di insegnamento/apprendimento, dei rapporti Io/Altro, Io/Altri, capaci di coniugare le caratteristiche del mezzo con le specifiche esigenze del mondo della formazione primaria?

 

Anni fa, l’ingresso nelle tematiche dell’organizzazione ha portato con sé, come effetto indesiderato, la subordinazione del concetto di organizzazione alla semantica proveniente dal mondo del mercato, con la silenziosa ed implicita accettazione, da parte di molti, dello schema istruzione/merce, utente/cliente.

In questa ultima vicenda, il mondo della scuola, comprensibilmente impreparato difronte ad una sfida inedita e drammatica, ha affrontato la situazione con la buona volontà dei più, ma proprio il carattere estremo ed inedito di questa contingenza ha fatto affiorare non solo la necessità di una formazione specifica in questo campo e la dotazione della necessaria strumentazione da parte di tutta la platea degli utenti (insegnanti e studenti) ma, soprattutto, ha fatto emergere la necessità di una profonda riflessione relativa all’articolazione degli obiettivi educativi/formativi e alla loro necessaria traduzione nelle forme inedite richieste dalle nuove tecnologie.

Questo piccino, nel candore del suo desiderio di comunicare, ci ha aperto scenari e ha sollevato domande alle quali non si potrà sfuggire, pena la decadenza del nostro sistema formativo e l’esistenza stessa della scuola nella contemporaneità.

Iole Ottazzi

Ruta di Camogli, 2/4/2020