Associazione professionale Proteo Fare Sapere
17 gennaio 2022

La responsabilità della scuola di fronte alla pandemia secondaria, Maurizio Gentile risponde a Dario Missaglia (vedi "Allarme rosso per infanzia e adolescenza", di Dario Missaglia)

Raccolgo l’invito a discutere con Dario Missaglia, riprendendo brevemente alcune sue considerazioni a proposito della pandemia secondaria e della risposta pedagogica che la scuola deve assumere.

Lo scenario che si è riaperto a settembre 2021 ha segnato indubbiamente un nuovo contesto: alunni e studenti non sono più gli stessi. Sono altri corpi, altre teste, altre menti… e sembra che nei 20 mesi e più di pandemia, li abbiano educati di più il virus e le regole sanitarie burocratiche che i soggetti formali e informali che vivono attorno e con loro. Soprattutto nel triennio della secondaria superiore e nel delicato anno di passaggio della terza classe, osservo un deficit di prospettiva pedagogica: gli adolescenti della generazione Covid vivono schiacciati nell’istante, favoriti da una iperesposizione voluta e forzata a social, video e smartphone (si pensi cosa implica per un ragazzo di 16 anni, positivo con o senza sintomi, 10 giorni di isolamento), nel quale la dittatura dell’istante prevale sulla memoria del passato e sulla visione di sé nel futuro. Come la scuola potrebbe contrastare questa tendenza? Come la scuola, luogo di formazione e organizzazione si può porre in termini alternativi e costituire un ancoraggio solido per la costruzione di identità positive?

Ben venga dunque un nuovo capitolo del Protocollo pedagogico che Proteo ha lanciato nelle scuole, mettendo al centro la qualità della relazione educativa, cioè la cura della persona. Accenno ad alcune piste di lavoro:

  • A chi ha meno, abbiamo l’obbligo di dare di più. I curricoli possono essere ambiziosi e al contempo supportivi e ricchi di opportunità di apprendimento (avverto la necessità che si faccia una discussione molto approfondita sui corsi di recupero e riallineamento, della loro qualità ed esiti);
  • Lavorare sui processi di apprendimento, individuare i punti critici per ragionare come trattarli sul piano didattico;
  • La valutazione come mezzo formativo, di conoscenze e costruzione di identità positive;
  • Una didattica di qualità avanzata, con contenuti e imprese conoscitive sfidanti, non impossibili, può contribuire alla sospensione della sofferenza psicologica degli alunni: la scuola come luogo franco in cui si impara, si incontra gente interessante, si portano a termine imprese conoscitive.
  • Che idea di successo hanno gli insegnanti? Se l’idea è “non devi sbagliare” oppure “non sei portato per questa o quella disciplina”, come può la scuola contribuire a costruire identità positive e il desiderio di futuro?

La cura, ricorda Dario, sono anche ore fatte di ascolto.  L’ascolto, implica senz’altro  tempo, spazio, disponibilità di un emittente e di un ricevente ad entrare in relazione. Ma le nostre scuole vivono questa dimensione nel bel mezzo della pandemia? La mia percezione è che le scuole siano troppo spesso luoghi di erogazione di prestazione, assorbiti quotidianamente dall’esercizio di una burocrazia dell’apprendimento, piuttosto che luoghi di relazione e impresa conoscitiva. Quanti ragazzi vanno a scuola con il desiderio di incontrare gli adulti, i propri compagni, le discipline?

In queste domande sta il senso della nostra ricerca e della nostra responsabilità.

 

Maurizio Gentile, professore associato – Dipartimento di Scienze Umane (Comunicazione, Formazione, Psicologia) – Università di Roma LUMSA