Associazione professionale Proteo Fare Sapere
08 gennaio 2024

Una politica di corto respiro, debole e autoritaria – di Dario Missaglia Cts Proteo Fare Sapere

Contro questa riforma degli istituti tecnici e professionali
Presentazione di Massimo Baldacci, presidente nazionale Proteo Fare Sapere

Contro questa riforma degli istituti tecnici e professionali

L’impostazione della cosiddetta “riforma” degli istituti tecnici e professionali suscita gravi perplessità. Appaiono preoccupanti elementi quali: l’incapacità di porre in modo adeguato la piena realizzazione del diritto all’istruzione; il fraintendimento dell’odierna problematica della formazione al lavoro; il percorso di durata quadriennale, che finirà per penalizzare i soggetti più deboli; la visione della scuola come subalterna al mondo dell’impresa; e altro ancora.
Su questo problema, sul quale torneremo, pubblichiamo un primo intervento di Dario Missaglia.

Massimo Baldacci
Presidente nazionale Proteo Fare Sapere

 

Una politica di corto respiro, debole e autoritaria

Sono del tutto condivisibili i dubbi, le contrarietà e i sospetti che diversi attori sociali, a partire dalla Cgil e dalla Flc, hanno esplicitato nei confronti del Ministro Valditara, a seguito della decisione di anticipare, tramite sperimentazione, il disegno “riformatore” previsto dal Ddl 924/23 che attende di essere messo alla prova delle Camere.
Questa scelta, neppure suffragata da una qualche riflessione intorno alla sperimentazione avviata nel 2017, per la quadriennalizzazione della secondaria superiore, ha destato qualche sconcerto anche in ambienti non ostili al Ministro. È del tutto evidente, infatti, la scorrettezza istituzionale nei confronti del Parlamento. Certo, non è un episodio così anomalo per questo governo ma in questo caso lo strappo del Ministro produce effetti che vanno oltre l’irritazione delle forze politiche in Parlamento.
Si sentono infatti profondamente offesi, malgrado la manciata di giorni di proroga per il termine delle iscrizioni, i Dsga e gli amministrativi, costretti in extremis a farsi carico di tutte le incombenze di una scadenza non prevista; si sentono offesi i Collegi dei docenti, letteralmente chiamati con procedura d’urgenza a dare il proprio consenso a un progetto che non è stato discusso con alcuno e invece avrebbe bisogno di una valutazione molto approfondita. Un progetto che, è bene ricordarlo, questa volta non evoca neppure in forma retorica il “rispetto” dell’autonomia scolastica: semplicemente la ignora, come ignora il parere negativo, articolato e argomentato, del CSP.
Non sembra dunque sorprendente il fatto che ben poche istituzioni scolastiche, almeno a oggi, abbiano optato per il consenso all’operazione malgrado l’impegno solerte e silenzioso delle strutture ministeriali.
Del resto la sperimentazione in sé non è affatto questione semplice da risolvere con un frettoloso Collegio dei primi di gennaio. Lo sanno bene quei dirigenti e docenti che pur osservando un silenzio fin troppo prudente per non rischiare il demerito istituzionale, non hanno certo manifestato entusiasmi. Io sono convinto che nel corso degli anni il personale docente e dirigente delle scuole superiori abbia maturato consapevolezza della rilevanza del nodo in questione. Da troppi anni infatti, dal berlingueriano progetto del 1999, l’assenza di un sistema di istruzione e formazione tecnico-professionale come primo livello di un percorso di formazione terziaria, di pari rilevanza e peso degli altri percorsi accademici, è certamente una delle cause della persistente emorragia di giovani che abbandonano precocemente le esperienze di scuola e formazione.  Le difficoltà a realizzare questo importate processo innovativo  sono diverse e da tempo al centro del dibattito:

  • non si può fare la riforma di un “pezzo” della secondaria superiore senza rimettere mano a una scuola media che ancora disloca i ragazzi più “fragili” verso il settore tecnico-professionale sulla base di un esame che precede il compimento dell’obbligo, riproducendo e aggravando la discriminazione sociale;
  • il biennio obbligatorio dislocato nei percorsi di indirizzo è palesemente inadeguato a recuperare dislivelli e difficoltà di motivazione e apprendimento e troppo segnato dalle specificità di indirizzo;
  • non basta inoltre intervenire solo sugli ITS, senza davvero ricomporre una filiera (con tecnici, professionali, Ie-Fp regionali, fino all’istruzione per adulti e alla formazione permanente). Si tratta insomma di riscrivere l’articolazione dei cicli;
  • anche il mondo accademico va infine sollecitato e valorizzato per la messa a punto di indicazioni chiare circa i contenuti di insegnamento e modalità di apprendimento del tutto peculiari per questa filiera del sistema;

L'assenza di ricerca e di impegni su questi versanti, sono lampanti. L’irrisolto nodo dell’autonomia scolastica, ora minacciata da una autonomia differenziata contrastata da tutto il mondo sindacale e associativo della scuola,  e l’incertezza su una governance complessa in cui dovrebbero convergere positivamente la rappresentanza degli istituti autonomi, Regioni, Fondazioni, hanno via via reso sempre più complesso il percorso per una proposta convincente e operativa (anche sperimentale ) che il PNRR, fin dai tempi del governo Draghi, ha imposto nella lista degli impegni da rispettare sulla missione 4.1.
E forse proprio questo ultimo dettaglio spiega una forzatura come disperato tentativo di non finire nel cono d’ombra del contenzioso che prima o poi si aprirà per l’attuazione degli impegni previsti dal PNRR. Malgrado i silenzi istituzionali infatti, il malessere e le difficoltà crescenti delle scuole, iniziano a manifestarsi.
È prevedibile che il Ministro tema molto questo appuntamento. La sua posizione nell’ambito della squadra di governo non è infatti delle migliori. Con un approccio così marcatamente ideologico tutto teso a demolire l’incubo dell’egemonia culturale della sinistra, il Ministro è riuscito a concentrare su di sé la critica di uno schieramento molto più ampio dell’opposizione politica e sindacale. Sia dal versante cattolico che laico. Il retorico richiamo ai valori della scuola severa, del voto senza sconti, della “condotta” da sanzionare con più efficacia, non supportato da riscontri concreti sul piano delle politiche e persino con qualche gaffe di troppo, ha finito per indebolire molto l’immagine e il ruolo di un Ministro più volte apertamente criticato dalle associazioni professionali della scuola e dal Presidente della Repubblica. E poiché con le elezioni europee arriveranno anche le pagelle per i Ministri della squadra, Valditara cerca di correre ai ripari. Ma la fretta sulle questioni complesse si brucia velocemente e le dichiarazioni di consenso di alcune rappresentanze del mondo delle imprese, sono puro esercizio di immagine e riproposizione di un ruolo guida del mercato anche sui processi culturali ed educativi. Anche in questo caso senza neppure il coraggio di una proposta concreta per tentare di alzare la qualità dell’offerta e della domanda.
Noi ci auguriamo che non di sola immagine vogliano vivere, invece, le forze che si oppongono a questi propositi; che fuggano dal rischio di pensare che il modo migliore per risolvere il problema del rapporto tra scuola e lavoro sia quello di negare il senso di questo rapporto. Il costo umano sarebbe molto alto. Che lo si voglia o meno, oggi il passaggio alla vita adulta, di cui il lavoro è parte determinante, si gioca a scuola molto più che nei decenni passati. Ci sono nuove pagine di pedagogia e non solo di politica da scrivere.
Lavorare a un cambiamento del sistema di istruzione e formazione si deve,  perché grandi processi di trasformazione sono in atto.  Si tratta di non subirli.

Dario Missaglia
Comitato tecnico scientifico Proteo Fare Sapere

 

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